Varie & Eventuali

Due fotografi accomunati dal nome proprio Marco, praenomen romano Marcus, a sua volta una forma sincopata di Marticus o Marticos[4][5]: analogamente a Martino e Marziale, si tratta di un nome teoforico riferito al dio romano della guerra Marte (quindi può essere interpretato come “di Marte”, “consacrato a Marte”, “devoto a Marte” Ambedue lo portano in diverse parti del mondo e in altrettante varianti. Sono coetanei e il secondo legame principale è quello della fotografia

Le segnalazioni di nuovi libri o fonti per accedere a nuovi autori sono sempre gradite e con questa rubrica informale voglio farvi partecipi di qualche interessante pubblicazione o blog di fotografia.

La serata dedicata ai “Saguaros” di Mark Klett (USA 1952) ha avuto un ottimo successo che, onestamente, non mi aspettavo. Vuoi per l’argomento molto specifico: ritratti di piante che crescono solamente nel deserto dell’Arizona, e poi un soggetto molto raramente frequentato dalla fotografia internazionale. Il fotografo americano ha destato curiosità e interesse post conferenza e vi segnalo a tale proposito l’uscita della monografia per i suo quarantanni di fotografia.

Marc Steculorum (Belgio 1956) è un amico da tanti anni con cui ho condiviso fotografie e viaggi culturali e una passione per le origini della fotografia. Il suo blog è una fonte e guida verso le dinamiche che muovono le persone a “innamorarsi” di un’immagine fotografica e sulla provenienza della nostra volontà di fermare quella immagine. Si, quella e non un’altra.

Mark Klett è stato influenzato dai fotografi delle spedizioni topografiche e fotografiche della fine del XIX secolo, come Timothy O’Sullivan, che documentava i territori “inesplorati” dell’Occidente, quelli che vennero “scoperti” dalla spedizione che dal 1867 al 1869 partendo dal quarantesimo parallelo sotto Clarence King s’inoltrò verso Ovest. T. O’Sullivan fu il fotografo ufficiale dell’esplorazione geologica nella spedizione che iniziò a Virginia City, in Nevada, dove fotografò le miniere e il territorio circostante. In tal modo, divenne uno dei pionieri nel campo della geofotografia. Contrariamente ai dettami estetici dell’epoca, inclini alla idealizzazione del paesaggio, l’argomento su cui si concentrò era un nuovo concetto. Si trattava di fotografare la natura come terra selvaggia e preindustrializzata senza l’uso di convenzioni di fotografia paesaggistica. O’Sullivan ha unito scienza e arte, realizzando immagini fotografiche precise, nette di straordinaria bellezza. Mark Klett esplora visivamente questi paesaggi e i segni lasciati dall’uomo nel corso di quasi due secoli di storia. Le sue immagini, come quelle di O’Sullivan, hanno un contesto umano, che si tratti delle luci di una città, di un cappello, di un piede o di un’ombra che si protendono nella cornice o di detriti / manufatti lasciati da passanti antichi o moderni. Lavorando principalmente nel sud-ovest del deserto, Klett non si lamenta del popolamento del paesaggio, né cerca di preservare visivamente l’ultimo paesaggio incontaminato del West americano. Piuttosto, esplora l’inevitabile interazione dell’uomo con il suo habitat.

Artista di singolare originalità e visione, il pluripremiato fotografo di paesaggi Mark Klett ha costruito una carriera solida e tesa a catturare lo spazio e la storia del West americano, evocando nozioni di tempo, percezione e memoria culturale. La sua pratica si basa sia sull’indagine artistica che sull’evoluzione delle tecnologie fotografiche, riflettendo una costellazione di idee che fondono la scienza con la poesia. Nel corso di una carriera che dura da più di quattro decenni, Klett ha avanzato una nuova nozione di fotografia di paesaggio che riformula il nostro senso di ciò che significano le immagini della terra.

 

 

Seeing Time è la prima retrospettiva della carriera di Klett. Presenta fotografie selezionate di tredici progetti diversi, alcuni mai visti prima. Il libro mette in mostra il lavoro di progetti individuali e in collaborazione con altri fotografi, accanto a testi di illustri curatori che esaminano le idee alla base della pratica di Klett, del suo contesto storico e dei suoi processi d’indagine fotografica a più mani o meglio occhi. Dalle sue indagini di ripetizione fotografica, che uniscono l’arte concettuale a domande su come le terre cambiano attraverso l’intervento umano, alla serie di ritratti con la figlia maggiore durante il loro compleanno condiviso, le immagini qui presentate si combinano per formare un corpo di lavoro allo stesso tempo espanso e riccamente personale.

Seeing Time: Forty Years of Photographs

  • Copertina rigida: 416 pagine
  • Editore: University of Texas
  • Lingua: Inglese
  • Formato: 26.5×29 centimetri
  • Costo: euro 79

 

Una stampa a contatto di Guido Guidi 8 X 10 scattata in un sobborgo italiano, un paesaggio calcistico di Hans van der Meer o una foto di Paul Fusco di persone che salutano il treno funebre di Robert F. Kennedy in viaggio da New York City a Washington, DC.

Cosa hanno in comune queste immagini e cosa le rende uniche? Come può una piccola immagine di un luogo o una situazione apparentemente non spettacolare diventare una cosa di bellezza e fascino? Qual è il segreto di una fotografia che in tutta la sua modestia riesce a sedurci, di volta in volta?

“Nei dintorni – Whereabouts” cerca di catturare con parole e immagini la magia della fotografia. Rivolto a studenti e chiunque abbia un interesse per l’arte visiva, Marc Steculorum offre una panoramica della sua pratica di fotografo e curatore di mostre. Attraverso una fusione di testo e immagini, racconta i vari processi e influenze che hanno modellato il suo modo di vedere e il suo modo di guardare le fotografie.

Questo libro “dove, quando e perché” può essere letto come una sorta di autobiografia, uno scritto sotto forma di un’esperienza di laboratorio. L’obiettivo è chiarire ciò che distingue la fotografia come mezzo di riflessione e scoperta.

La presentazione di Marc al suo splendido libro sul principio, inteso come l’atto e il fatto di cominciare, della fotografia che nasce attraverso i nostri occhi e l’elaborazione dei nostri centri di comando è il tema che svolge, con semplice accuratezza, nel suo blog A stumble (Un inciampo). Le fotografie vengono commentate singolarmente, qualche volta come insieme, per dare al lettore-osservatore le chiavi per comprendere il fascino del fotografo verso il mondo delimitato dal mirino.

Raccomando il libro a tutti coloro vogliano comprendere le motivazioni che inducono a mantenere viva un’immagine effimera nella nostra vita

Il libro è in vendita presso il Laboratorio del Fotografo a €25

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